Di comunicazione se ne sente parlare tutti i giorni e in tutti gli ambiti. Esistono tantissimi articoli scientifici e non, in giro per il web dove potete trovare ogni sfaccettatura di questo argomento. Ogni scuola, ogni pensiero ed ogni studioso enuncia i suoi paradigmi e, seppur con sfaccettature diverse, alla fine la base resta sempre la stessa. Nella comunicazione abbiamo infatti un mittente, un ricevente, un messaggio centrale e codifiche/decodifiche varie. La cosa ovviamente si complica se mettiamo i mezzi elettronici, i social e di comunicazione di massa. In questo articolo voglio descrivervi i presupposti della comunicazione secondo la PNL.
Primo presupposto della comunicazione: “Non si può non comunicare”
Cosi come affermato da uno dei più grandi esperti di comunicazione della nostra epoca, lo studioso Paul Watzlawick, del Mental Research Institute di Palo Alto, California, in questa formula è contenuta una delle chiavi più importanti del processo di comprensione del fenomeno comunicazione: ogni individuo comunica in molteplici modi, e del resto non potrebbe esimersi dal farlo, neanche se lo volesse.
Pensiamo al classico esempio del viaggiatore, che, durante un tragitto in treno, spalanca il suo quotidiano e si tuffa nella lettura, pur avendo di fronte altri compagni di viaggio (questo succedeva una volta, oggi è più probabile che le persone si isolino con le cuffie auricolari, cellulari, tablet e PC).
Ebbene, in un caso simile non si potrà certo affermare che egli abbia deciso di non comunicare con i suoi vicini di posto. In realtà il suo messaggio comunicativo giunge forte e chiaro: non voglio dialogare con nessuno, preferisco leggere!
Naturalmente questo esempio evidenzia anche con estrema facilità l’importanza dell’osservazione di tutti i comportamenti, e non solo quindi della componente verbale; possiamo infatti tranquillamente affermare che il silenzio è una forma, spesso anche molto potente ed efficace, di comunicazione. Ergo, SI COMUNICA SEMPRE!
Secondo presupposto della comunicazione: si può quindi giungere al secondo presupposto, diretta conseguenza del primo: “ogni comunicazione è comportamento, ed ogni comportamento è comunicazione”.
Provate infatti a pensare a quanto comunicate, ogni minuto che passa, senza magari rendervi conto del messaggio che, coscientemente o meno, viene emesso dai vostri comportamenti: modi di parlare, sguardi, posture, movimenti nello spazio, persino la scelta del look personale contribuiscono costantemente a creare i nostri messaggi. Il problema è che spesso non ci rendiamo conto di quanto tutto ciò influisca nei rapporti, tanto professionali quanto interpersonali.
Terzo presupposto della comunicazione: “ il significato della comunicazione sta nel responso che se ne ottiene, e non nelle intenzioni”.
Questo presupposto è importantissimo, e ci fa capire come mai alcune volte non veniamo capiti o veniamo fraintesi. Hai mai detto qualcosa con un’intenzione è il feedback è stato un altro? Pensavi una risposta gradita ed invece ne è arrivata una negativa? Ti sei mai chiesto il motivo? La risposta è che non tutti attribuiscono lo stesso significato agli avvenimenti, e quindi reagiscono ad essi in modi diversi.
Secondo questo principio infatti il vero significato della comunicazione non sta nelle intenzioni di chi comunica, ma nel responso che se ne ottiene, basterebbe prendere atto che tale cosa detta o tale gesto produce, nella mente della persona in questione, un effetto diverso, e comunque ben lontano da quello sperato o supposto.
Dovemmo dunque chiederci: con chi comunico? Qual è la sua mappa del territorio? Quali sono i suoi bisogni? Quali sono le emozioni che sta vivendo in questo momento?
Un esempio classico della differenza tra la comunicazione delle intenzioni e quella del responso è ravvisabile nelle due diverse affermazioni che si usano quando esiste un’incomprensione tra due interlocutori.
Alcuni affermano “non mi hai capito”, arrestandosi spesso di fronte alle scarse capacità di comprensione dell’interlocutore, altri invece tendono a dire “forse non mi sono spiegato bene”, andando così spontaneamente alla ricerca di nuove strategie per ottenere il responso desiderato, e farsi quindi capire. Il problema dei primi è che molto spesso si soffermano di fronte alla certezza che le loro intenzioni erano quelle di essere capiti, e che se quindi ciò non è accaduto il problema non è loro.
La vita familiare e professionale ci offre innumerevoli esempi in cui basterebbe modificare l’approccio per risolvere banali, ma pericolosi, equivoci.
Quarto presupposto della comunicazione: “la mappa NON è il territorio”.
Questo è uno dei principi cardine della PNL. Ciascuno di noi è un individuo autentico, ha un carattere e una personalità unici. In base al nostro carattere e alla nostra personalità abbiamo un modo di leggere e di vedere il mondo altrettanto unico. La mappa mentale che il cervello di una persona costruisce nel momento in cui riceve delle informazioni dall’ambiente e le rielabora per interpretarle sarà diversa dalla mappa mentale di un’altra. Non esistono due mappe mentali identiche, proprio come non esistono due personalità identiche.
Comprendere le mappe mentali della persona con cui stiamo dialogando ci aiuta a entrare in empatia con lei. Se poi poniamo un po’ di attenzione, possiamo osservare il suo linguaggio cerebrale, comprendere come ragiona e come si emoziona, quali sono le sue necessità, le sue idee e i suoi desideri. Solo allora saremo in grado di creare con lei una forte vicinanza comunicativa: modelleremo la nostra comunicazione sul miglior linguaggio possibile per lei e a quel punto riusciremo meglio a trasmetterle, a nostra volta, le nostre necessità, le nostre idee e i nostri desideri.
La PNL proprio perché è la scienza che studia la connessione esistente tra i processi neurologici, il linguaggio e gli schemi comportamentali ci aiuta a comprendere tutto questo.
Quinto presupposto della comunicazione: “dietro l’obiezione c’è l’informazione”.
L’obiezione rappresenta un aspetto molto importante della comunicazione tra due persone. Molti la considerano un ostacolo, in realtà può essere un’opportunità per conoscere meglio la mappa del territorio di chi abbiamo davanti, per conoscere meglio l’interlocutore e le sue esigenze. Bisogna però capire perché la persona sta obiettando. Non abbiamo comunicato bene l’intenzione? Non abbiamo dato abbastanza informazioni chiare? Abbiamo detto qualcosa che non l’ha convinto? Facciamo domande, chiediamo e soprattutto cerchiamo di entrare in sintonia con la persona e quello che vuole comunicarci dietro quell’obiezione, SCOPRIREMO UN MONDO.
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